Saluzzo, il tempo delle tende è finito: tornate nelle baracche!

Giovedì 7 novembre, dopo una generossissima proroga di due settimane, le 20 tende del ministero saranno smontate. Si auspicava ancora un incontro tra migranti e rappresentanti del Comune, per concordare insieme una data ragionevole per lo smontaggio, viste le esigenze di chi ancora sta lavorando nella raccolta della frutta, ma l’incontro non c’è stato. Arrivate a metà settembre, oltre quattro mesi dopo l’arrivo dei migranti, le 20 tende hanno ospitato la metà degli accampati a Guantanamò. Si è trattato dell’ennesimo rattoppo in stile emergenziale – visto che a Saluzzo un percorso di accoglienza dignitosa negli anni non si è voluto costruire – che ha costretto oltre 200 persone a convivere con freddo, umidità, infiltrazioni di acqua, senza brande, materassi, coperte, docce calde e servizi igienici per tutti e nemmeno un luogo asciutto dove poter cucinare e dove poter sostare prima di andare a dormire. Nel frattempo, l’altra metà dei migranti arrivati al Foro Boario ha continuato a vivere nelle baracche auto-costruite, in condizioni analoghe o peggiori, perchè sotto le tende posto per tutti non ce n’era.

Giovedì 7 novembre, saranno i migranti stessi a dover provvedere allo smontaggio dei loro ripari. Le tende devono essere restituite, secondo gli accordi pattuiti tra l’ammistrazione e gli organi centrali. Imminente è anche la chiusura del “campus” di containers della Coldiretti. Poco importa che la stagione della raccolta si sia prolungata oltre le previsioni, a causa delle numerose piogge. Poco importa che alcune persone stiano ancora lavorando e altre debbano aspettare di essere pagate. Poco importa che non ci siano alternative abitative degne di questo nome da offrire. Una soluzione, infatti, le istituzioni sembrano averla trovata: ai migranti è stato detto che, una volta smontate le tende, potranno tornare nelle baracche auto-costruite, che per ora non verranno sgomberate. Nonostante l’ordinanza anti-bivacco, emessa ed eseguita dal Sindaco mediante sgombero ad inizio stagione, inquadrasse la presenza dell’accampamento come un problema di ordine pubblico da estirpare, oggi, come per magia, le baracche diventano per il Comune una comoda soluzione abitativa.

Viviamo in una società in cui i migranti, grazie alla legge Bossi-Fini – portatrice di morte, razzismo istituzionale e sfruttamento – diventano i lavoratori precari più ricattabili, punibili con la reclusione in un CIE e la deportazione, perchè colpevoli solo di voler esistere in un paese che non è il loro. Viviamo in una società in cui il lavoro, di per sé, non è più garanzia di niente, se non di precarietà diffusa. Chi perde il lavoro, perde la casa. Chi non trova lavoro, non può permettersi una casa. Senza lavoro, non si può rinnovare il permesso di soggiorno. Per questo, oggi dobbiamo lottare perchè un’esistenza dignitosa – il poter vivere senza il rischio costante di essere ricattati, sgomberati o deportati – sia possibile al di là della condizione lavorativa. E’ necessario lottare per cambiare lo stato di cose su vari piani. A livello locale, il prossimo anno non vogliamo più vedere né tende, né baracche, ma sistemazioni abitative degne di questo nome.

Per i migranti di Guantanamò né elemosina, né rattoppi.
La casa è un diritto. Riprendiamoci la dignità!

katalipsi